Tractatus de quindecim stellis
Nell'Antipalus maleficiorum di Tritemio, un elenco dei libri negromantici, si trova citato questo liber attribuito al profeta Enoch.
Nell'Antipalus maleficiorum di Tritemio, un elenco dei libri negromantici, si trova citato questo liber attribuito al profeta Enoch.
Nel XXXII capitolo del secondo libro del De occulta philosophia Cornelio Agrippa richiama una raccomandazione dell'astronomo arabo Thabit sul modo di captare la virtus di una determinata stella procurandosi la pietra e l'erba che le sono assoc
Il Liber de virtutibus herbarum è un trattato sui segni zodiacali e i sette pianeti associati a piante medicinali, definito da Jonathan Smith "uno dei testi più preziosi per la comprensione della vita religiosa nella Tarda Antichità".
L'originaria versione greca del Liber de septem herbis è costituita di due recensioni: una è anonima o attribuita ad Ermete, l'altra ad Alessandro Magno.
Questo opuscolo, attribuito a Hermes Abhaidimon, «quasi unico dei filosofi benedetti da Dio», riporta i caratteri di quindici stelle fisse, ciascuna associata con una gemma, una pianta e una immagine magica sulle quali esercita le sue influenze.
Il Compendium Aureum, noto anche come Tractatus de septem herbis septem planetis attributis, accompagna il De consideratione quintae essentiae del francescano Giovanni di Rupescissa (secolo XIV) in numerosi manoscritti.