Tractatus de quindecim stellis
Nell'Antipalus maleficiorum di Tritemio, un elenco dei libri negromantici, si trova citato questo liber attribuito al profeta Enoch.
Nell'Antipalus maleficiorum di Tritemio, un elenco dei libri negromantici, si trova citato questo liber attribuito al profeta Enoch.
Nel XXXII capitolo del secondo libro del De occulta philosophia Cornelio Agrippa richiama una raccomandazione dell'astronomo arabo Thabit sul modo di captare la virtus di una determinata stella procurandosi la pietra e l'erba che le sono assoc
Il Liber de virtutibus herbarum è un trattato sui segni zodiacali e i sette pianeti associati a piante medicinali, definito da Jonathan Smith "uno dei testi più preziosi per la comprensione della vita religiosa nella Tarda Antichità".
Il termine beibeniis deriva dal phalavi babaniya ed indica le stelle fisse; il libro, infatti, descrive i rapporti tra le complessioni umane e i temperamenti delle stelle fisse associate a quelli dei pianeti, specialmente quando questi occupan
Si tratta della versione latina, realizzata da Ugo di Santalla di un'opera araba, il Kitab sirr al-haliqa ("Libro del segreto della creazione"), redatto nella prima metà dell'XI secolo.
Questo opuscolo, attribuito a Hermes Abhaidimon, «quasi unico dei filosofi benedetti da Dio», riporta i caratteri di quindici stelle fisse, ciascuna associata con una gemma, una pianta e una immagine magica sulle quali esercita le sue influenze.
Si tratta di una raccolta di aforismi astrologici attribuiti a Ermete e probabilmente tradotti da un originale arabo perduto ad opera del medico filosofo del secolo undicesimo Haly Abenrudianus ('Ali ibn Ridwan).
Di questo testo possediamo l'autografo dell'autore, conservato nell'Archivio dei Lincei e appartenuto al fondatore dell'Accademia, Federico Cesi.
Si tratta di un florilegio di cento aforismi astrologici di origine araba, composto da Stefano di Messina tra il 1258 e il 1266 e dedicati a Manfredi di Sicilia.